Preistoria e Storia di Assergi


Assergi, panorama innevato






                                                                                                              


                                                                                                                                          


Assergi, immagine notturna di piazza S. Franco con la fontana monumentale in primo piano

                      






Gli antichi Popoli in Abruzzo.


L’Abruzzo preromano

L’Abruzzo antico sin dall’età del Ferro fu abitato da numerose popolazioni protostoriche che, tra la fine dell’età del Bronzo e la colonizzazione romana, furono le protagoniste indiscusse del territorio. La dislocazione dei diversi popoli era ben definita: sulla fascia costiera erano stanziati i Pretuzi al confine con i Piceni, più a sud i Vestini Transmontani, nella valle del Pescara i Marrucini e, lungo la costa chietina i Frentani. A ridosso della Majella tra l’Aventino e il Sangro vi era il popolo dei Carrecini, senza sbocco sul mare. I popoli dell’interno erano i Vestini Cismontani nella conca dell’Aquila, i Peligni nella pianura di Sulmona, gli Equi e i Marsi si dividevano l’alveo del Fucino, i primi a nord-ovest e i secondi a sud-est. Tra L’Aquila e Rieti vi erano i Sabini, mentre a sud dei Marsi, lungo l’alta valle del Sangro, verso il Molise, si trovavano i Pentri.
A causa delle numerose guerriglie i centri abitati furono edificati sulla cima delle montagne e difesi con fossati e mura di cinta.
Una delle caratteristiche che ebbero in comune fu l’uso della sepoltura: le tombe a tumulo prima e successivamente le sepolture ad inumazione con ricchi corredi (armi per i maschi, ornamenti e strumenti legati alla tessitura per le femmine).









I Vestini


La popolazione dei Vestini può essere suddivisa in trasmontana e cismontana, a seconda della zona in cui si collocava.
Le notizie più antiche sul popolo risalgono al 324 a.C., periodo della seconda Guerra Sannitica (326-304 a.C.), durante la quale i Vestini si allearono con i Sanniti. Subirono un processo di romanizzazione in due momenti diversi: la fascia interna fu annessa a Roma già all’inizio del III secolo a.C. mentre quella costiera rimase indipendente sino alla guerra sociale. Durante tale conflitto rimasero fedeli a Roma, nonostante le ostilità degli altri popoli italici, ottenendo in cambio la cittadinanza romana.
Il loro nome deriva da Vesta, divinità che proteggeva il popolo, o da Vestico, divinità umbra.
I principali centri erano per la zona interna Aveia (Fossa - AQ), Peltuinum (Prata d’Ansidonia - AQ) e di Aufinum (Ofena - AQ) mentre per quella costiera erano Angulum (Città Sant’Angelo - PE) e Pinna (Penne - PE). Tutti gli altri insediamenti del territorio conservarono sempre la loro struttura di vici.
L’economia dei Vestini si basava  sulla coltivazione di cereali, olive, frutta e zafferano, di cui ancor oggi la regione è primo produttore in campo nazionale; molto sviluppata era anche la pastorizia con la produzione di latte e formaggio.
Le ricerche archeologiche non hanno evidenziato l’uso di sepoltura a tumulo ma di sepolture scavate sui pendii collinari (esempio necropoli di Vestea a Civitella Casanova - PE).
Le testimonianze più significative provengono dalla necropoli di Montebello di Bertona (PE)in cui sono state riportate alla luce 163 sepolture, una collana in pasta vitrea policroma con grani e una maschera umana di produzione cartaginese.
La necropoli di Contrada Farina a Loreto Aprutino (PE) ha evidenziato la presenza di statue o stele antropomorfe e tombe femminili con corredi rettangolari a fascia traforata in bronzo e le ceramiche di tipo corinzio di importazione dall’Etruria.
Da una delle necropoli di Penne, proviene una tomba a camera costruita in laterizi, al cui interno è stato rinvenuto un letto funerario in legno e ferro, rivestito con appliques in osso di animali, con raffigurazioni antropomorfe e zoomorfe.
Tra gli insediamenti di cui si ignora il nome antico il più noto è Capestrano (AQ), una vasta necropoli arcaica scavata nel 1934, da cui proviene il celebre Guerriero, oggi conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Chieti.
Il territorio dei Vestini trasmontani comprendeva le vallate dei fiumi Fino e Tavo, confinando a nord con i Pretuzi e la colonia di Hatria, a ovest con i Vestini cismontani e i Sabini, a sud con i Marrucini, gli Equi, i Marsi e i Peligni. Esso toccava per breve tratto (circa 8 km.) il mare Adriatico, compreso il porto alla foce dell’antica Ostia Aterni (oggi Pescara).
Il territorio dei Vestini cismontani, invece, confinava a nord-ovest, lungo il corso del torrente Raiale, con i Sabini, a sud-ovest il massiccio del Sirente lo separava dagli Equi e dai Marsi, le sorgenti del fiume Pescara marcavano il confine con i Peligni e a nord-est il Gran Sasso costituiva una barriera con il popolo dei Pretuzi. La piana dell’Aquila, cuore dei cismontani, era racchiusa da un sistema di abitati fortificati di vari dimensioni e funzioni: quelli più grandi erano vere e proprie cittadelle munite di mura mentre i centri più piccoli svolgevano funzione di controllo e avvistamento sul territorio.
Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce vere e proprie necropoli monumentali vestine aquilane tra cui  ricordiamo Fossa (AQ), Bazzano (AQ) e Capestrano (AQ).
Nella necropoli di Fossa, quella meglio conservata, vi sono i grandi tumuli con file di menhir disposti in ordine crescente, in uso nella prima età del ferro (IX-VIII sec. a.C.). Questo tipo di sepolture venne sostituito già in età arcaica da semplici deposizioni a fosse.
I corredi funebri sono costituiti da servizi di vasi, testimonianza dell’uso dell’offerta di vino, con l’orciolo e la tazza attingitoio, dai vasi ad impasto con decorazioni geometriche a lamelle metalliche applicate, dalle armi in ferro (note le caratteristiche spade tipo Fossa), dai dischi traforati, dalle fibule, spilloni, forcine per capelli e cinturoni con placche di rivestimento in bronzo e ferro.
Elemento originale del costume vestino era l’uso di seppellire i neonati, defunti nei primi tre mesi di vita, tra due coppi contrapposti, deposti senza corredo funebre.
 


Assergi




Origine del nome.

Busto di Galba
Galba, sesterzio in oricalco coniato a Roma.
Il nome Assergi, deriva, secondo alcuni, dall'antico castrum asserci e trae le sue origini dall'imperatore Galba (Servio Sulpicio Galba, 68-69 d.C.).
Nelle vicinanze, in località detta “del forno” sono i ruderi della vestina “Prifernum”. Il nome anticamente era ”Castrum Asserici”, poi venne modificato in “Asserici, Asserula e Sercio”, quindi Assergi.
L'’attuale abitato probabilmente si sviluppò intorno al monastero benedettino annesso alla chiesetta di Santa Maria in Silice.


Nel medioevo fu centro murato più che borgo fortificato, e la cinta muraria è ancora visibile con cospicui resti di mura nella parte orientale e meridionale del paese, insieme a tre porte ad arco acuto, “porta orientale”, “porta del colle” e “porta del rio”(quest'ultima non più esistente).


Assergi, uno scorcio delle antiche mura



Fu feudo dei Cenci e dei Caffarelli
Tra le emergenze turistiche particolare risalto merita la chiesa di Santa Maria Assunta, costruita nel 1150, originariamente parte di un monastero benedettino, la facciata quattrocentesca presenta un portale architravato sormontato da un rosone sulla cui sinistra si eleva il tipico campanile a vela con portico laterale. L'’interno conserva alcuni affreschi; particolarmente interessante è la cripta, che è in realtà la primitiva chiesa di San Franco, parzialmente scavata nella roccia, è a pianta basilicale decorata da vari dipinti e ospita nella navata destra una magnifica urna argentea, opera tardo quattrocentesca. Pregevole è anche il secentesco cassone dipinto, in fondo alla navata destra.
Al prospetto di una confraternita è stata adattata la facciata della demolita chiesa di Santa Maria della Neve (sec. XII).
Da Assergi sono possibili escursioni verso il Gran Sasso; tutt'intorno vi sono distese di vegetazione rigogliosa, nelle vicinanze si apre la Grotta a Male (o amare), lunga 470 metri, interessante dal punto di vista speleologico ed archeologico con ritrovamenti di reperti riferibili alle culture appenniniche, subappenniniche, protovillanoviane e della seconda metà del ferro. È formata da vasti ambienti abbondantemente concrezionati che terminano, con due laghetti di acqua molto limpida. Alla base della sottostante parete rocciosa la grotta di Santa Maria, con i resti di una cappella.








 

 Le origini.

Sono poche e frammentarie le notizie che ci sono giunte riguardanti gli albori della vita nella Valle del Raiale, come scrisse Don Demetrio  nel suo libro"Assergi e S. Franco", di cui pubblico per intero l'inizio del primo capitolo a pagina 33.


Assergi dentro le mura è un antico agglomerato di casette di pietra, attaccate l'una all'altra. Unico paese della valle ad avere i pagliai fuori dal centro abitato.



1. - Oscurità preistorica

Oltre seicentomila anni fa, durante l'era quaternaria, il grande lago pleistocenico della conca aquilana  -  che copriva la valle subequana, le conche di Castelvecchio e di Fossa, la valle di Barisciano-Navelli, le conche di Sassa e di Roio, le valli di Lucoli e di Tornimparte e la conca di Pizzoli - << a nord-ovest si inoltrava lungo il corso del Raiale, raggiungendo la valle di Assergi >>.
La enorme massa d'acqua, erodendo nei secoli la barriera rocciosa della gola di S. Venanzio, presso Raiano, defluì lentamente, lasciando, circa trentamila anni or sono, l'attuale configurazione topografica. 
                                                                            Demetrio Gianfrancesco


 
Assergi, l'antica Porta del Colle





La preistoria della valle del Gran Sasso ha inizio tardivo rispetto alle zone circostanti e la causa va ricercata principalmente nella presenza dei ghiacci e delle nevi persistenti che impedirono l'accesso a quelle zone di montagna fino al periodo dell'Olocene. 


L'Olocene è l'epoca geologica più recente, quella in cui ci troviamo oggi e che ha avuto il suo inizio convenzionalmente circa 11.700 anni fa.
Il limite con l'epoca inferiore (il Pleistocene) è definito sulla base del decadimento del 14C (un isotopo radioattivo del carbonio) e coincide approssimativamente con il termine dell'ultima fase glaciale che ha interessato l'emisfero settentrionale. Per convenzione il limite è posto a 10.000 anni dal 1950 e viene espresso in milioni di anni (quindi 0,01143 ± 0,00013 Ma).
L'Olocene è la seconda epoca del periodo Quaternario. Il suo nome deriva dal greco ὅλος (holos, tutto o intero) e καινός (kainos, nuovo), vale a dire "del tutto recente". Esso è stato identificato con il MIS 1 e può essere considerato un periodo interglaciale compreso nell'attuale era glaciale.

ERA QUATERNARIA

L' Era Quaternaria, o Era Neozoica, che in greco antico significa l' era della "nuova vita" ebbe inizio "solo" due milioni di anni fa ed è quella in cui oggi viviamo. L' Era Quaternaria è caratterizzata dalla grande diffusione dell' uomo su tutta la Terra e da un ciclo di periodi glaciali intervallati da periodi interglaciali di clima più mite. 




Durante i periodi glaciali buona parte delle aree continentali nordamericane ed europee furono ricoperte dai ghiacciai; questi territori vennero allora popolati da flore e faune di tipo freddo come il rinoceronte lanoso, le renne, gli orsi delle caverne ed il mammuth, mentre i mari, come ad esempio il Mediterraneo, ospitavano organismi provenienti dai mari del Nord che migravano attraverso lo stretto di Gibilterra.
Anche l'aspetto fisico della Terra e il suo clima sono cambiati profondamente . Infatti negli ultimi millenni si sono susseguite lunghe epoche glaciali , durante le quali le calotte polari si allargano in seguito al raffreddamento del clima terrestre ed epoche interglaciali caratterizzate da un innalzamento della temperatura e dallo scioglimento dei ghiacciai.



Il frutto delle ultime ricerche sull’Uomo Preistorico in Abruzzo hanno ampiamente dimostrato che per comprendere appieno il quadro sulla distribuzione e la tipologia degli insediamenti umani, bisogna innanzitutto considerare le variazioni climatiche e ambientali  che si sono verificate all’epoca, insieme al conseguente sviluppo dei diversi tipi di economia e quindi dello stile di vita delle popolazioni, nei diversi periodi che la trattazione sistematica della materia ha individuato in Paleolitico, Mesolitico, Neolitico, fino ad arrivare all’Età dei Metalli: Età del Rame (o Eneolitico), Età del Bronzo, Età del Ferro.

Due milioni di anni fa da oggi viveva l’Homo habilis; frutto di una svolta significativa nella lunga evoluzione dagli ominidi (Australopiteci) all’uomo. Egli possedeva tutto quello che contraddistingue quest’ ultimo nelle sue caratteristiche fisiche, culturali e sociali, anche se in forma elementare. Ma questo rappresenta solo il periodo arcaico nella storia dell’umanità; l’inizio del Paleolitico, quindi l’alba dell’Uomo, si fa coincidere con la comparsa sulla scena dell’Homo Erectus, che visse durante il Pleistocene inferiore e medio, fino a circa 300.000 anni fa.

Egli si distingue per una maggiore robustezza e un pronunciato aumento del volume cerebrale; caratteristiche significative che daranno vita ad una organizzazione sociale più intensa, ad “industrie litiche” più raffinate, alla scoperta del fuoco ed ad un preciso uso dei luoghi come insediamento. La culla di questi umani fu l’Africa orientale, ma nel corso di quasi due milioni di anni, essi colonizzarono tutto il pianeta, migrando verso l’Asia e l’Europa. In questo ultimo continente verso il tardo Pleistocene visse l’Homo Neanderthalensis.

Questi uomini stabilirono già un rapporto ben preciso con il territorio; la loro sopravvivenza era legata alle risorse disponibili in una determinata regione, che erano sì limitate, ma in compenso dovevano soddisfare nuclei familiari molto ristretti. Una volta esaurite le risorse in un luogo, l’uomo si spostava in altri spazi vicini in grado di fornirgli la selvaggina e i prodotti vegetali.

A volte erano i cambiamenti climatici o l’avvicendarsi delle stagioni a suggerire gli spostamenti, per la ricerca di condizioni di vita più favorevoli. I luoghi in cui l’uomo si insediava si trovavano generalmente vicino ai corsi d’acqua e a formazioni rocciose da cui ricavare la selce necessaria per costruire gli arnesi, sia per la caccia, sia per tagliare la carne o per raschiare le pelli degli animali. Sono diffusi in questa epoca gli accampamenti provvisori, usati dai cacciatori nelle loro scorribande specie in alta montagna e non dall’intero nucleo familiare.



La Fontana monumentale con le quattro cannelle al centro di Piazza S. Franco.
Completata nel 1893, fu eletta, unitamente alla Chiesa di S. Maria Assunta, a simbolo del paese, fornendo ai residenti acqua purissima proveniente dalla fonte di S. Franco. Da allora, l'uso dell'acqua potabile ha cambiato il costume sociale della popolazione, perchè i cittadini non furono più costretti a recarsi al Raiale per il rifornimento idrico (da Assergi Racconta di Antonio Giampaoli).



Assergi: le antiche mura medievali con la Porta del Colle in primo piano




Gli antichi abitanti della catena montuosa del Gran Sasso di quel periodo, si trovarono di fronte alle avverse condizioni del clima e ad un paesaggio notevolmente ostile all'insediamento umano.
Un grande e decisivo contributo alla conoscenza delle varie culture che in Abruzzo si sono succedute dal periodo Eneolitico all'epoca romana è stato dato dai reperti archeologici ritrovati nella parte sud-occidentale del gruppo montagnoso dove è situata la Grotta a Male che dista dal paese circa tre chilometri scarsi.
All'epoca del neolitico la zona era già popolata da esseri umani. 



Il Neolitico è un periodo della preistoria, l'ultimo dei tre che costituiscono l'età della pietra.
Etimologicamente il termine deriva dalle due parole greche νέος (nèos, "nuovo") e λίθος (lithos, "pietra"): l'"età della nuova pietra" fu infatti contraddistinta da notevoli innovazioni nella litotecnica, tra le quali la principale è rappresentata dall'uso della levigatura. Altre innovazioni furono l'introduzione dell'uso della ceramica, dell'agricoltura e dell'allevamento. Cambiamenti importanti avvengono anche sul piano della struttura familiare per quanto riguarda la trasmissione dei beni all'interno dei clan.





Dopo il tredicesimo secolo ci fu un modesto sviluppo (già avvenuto all'epoca dell'antica roma) che crebbe e si intensificò.
La conferma degli insediamenti umani ci viene fornita dagli scavi di necropoli e di caverne. Esiste quindi un legame di continuità tra il villaggio preistorico, quello romano e quello medioevale tuttora esistente come testimoniano non solo le antiche mura che cingono il paese, ma anche la Cedola con la quale venivano tassati i signori di Amiterno e di Forcona per la terza crociata bandita da Gregorio VIII nella quale è contenuto il nome di Asserice.
Ma un primo e certo indizio su Assergi lo si trova nella Bolla di
Alessandro III in data 1178, destinata al vescovo di Forcona nella quale viene menzionato il nome di Asserice.



Ogni via, vicolo, piazza e piazzetta di Assergi è stato scritto su una targa di ottone recante su ognuno l'effige di tre colli sormontati da tre colli con al centro una spiga di grano che è il simbolo del paese.





Esiste anche una piccola pergamena datata 1150 che riguarda la costruzione della chiesa di S.Maria Assunta il cui testo parla dell'esigenza religiosa di quella gente scesa forse dalle alture, dove si era rifugiata dopo la disfatta dell'impero romano e dopo le continue devastazioni. Nel periodo barbarico le chiese e i monasteri erano rifugi sicuri, centri di vita sociale e religiosa.


 
Panorama di Assergi e stemma del paese.





Verso la seconda metà del secolo XIII, gli abitanti di Assergi contribuirono alla costruzione della città dell'Aquila e parte dei suoi residenti furono trasferiti nel quartiere di S.Maria, loro assegnato.


La divisione in quarti della città dell'Aquila.


Assergi: via Porta del Colle a ridosso delle mura medievali

Assergi, uno dei tanti angoli del centro storico

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